Non ero pronta, ma lo ero – progetto Resilient Mothers

Ho il Crohn da dodici anni, più di un intervento alle spalle, qualche centimetro di intestino in meno, tante terapie fatte, una che a 21 anni mi ha reso momentaneamente sterile (dicevano) e io l’ho saputo per caso leggendo un settimanale. Da quel momento sono cadute le mie certezze, un’altra volta. La prima volta avevo 17 anni e mi era stato detto di avere una malattia cronica, rara e incurabile. In quel momento, a 21 anni, ho realizzato forse ancor più di prima cosa potesse comportare la malattia di Crohn. Non ero neanche più libera di decidere quando e se avere figli.

Arriva il 2016 e nonostante la remissione da tre anni, l’aver preso finalmente chili, la convivenza che andava alla grande, un lavoro. Su un punto rimanevo categorica: non volevo figli.[su_pullquote align=”right”]Avevo l’ansia[/su_pullquote]Avevo mille paure, di figli non ne volevo sapere. Troppe responsabilità, una cosa troppo grande per me, per una che in alcuni periodi non riusciva a star dietro nemmeno a se stessa, tra terapie per il Crohn e attacchi di panico.
E poi ero ancora giovane! Avevo ancora tante cose da fare. Stavo finalmente bene e ne volevo approfittare: volevo vivere, divertirmi, ingozzarmi di cibo, uscire tutte le sere, nuotare, vedere le mie amiche, fare qualsiasi cosa normale che prima facevo fatica a fare, concedermi tutti gli sfizi, perché si vive una volta sola.

© Chiara DeMarchi 2017

Poi la quiete, la riossigenazione, la disintossicazione da tutto il brutto che c’era stato, i sorrisi. Nel giro di pochi mesi sono riuscita ad esaudire tutte le cose a cui tenevo di più, tutti gli obiettivi che mi ero prefissata, i desideri piccoli e grandi della me bambina, ragazza e forse donna. Ed inizio a pensare di avere l’età giusta, che il Crohn dorme, che forse dovrei approfittare di questo momento d’oro per allargare la famiglia.
No non ero pronta, ma lo ero.

Per un figlio non si è mai pronti. Per un figlio avendo il Crohn men che meno. Ti chiedi se avrai la forza di seguirlo anche nei momenti no. Ti chiedi con chi starà durante i tuoi ricoveri. Ma non sono cose a cui pensare. Si fa e basta, senza se e senza ma. Perché spesso credevo di non farcela, ma in realtà ho sempre superato le aspettative. Le mie. Non quelle di nessun altro.

Ho contattato il mio gastroenterologo. Per scrupolo mi ha fatto fare un esame per avere conferma che la malattia fosse ancora in piena remissione. Se i risultati fossero stati buoni potevo sospendere il farmaco che stavo prendendo, aspettare due mesi affinché il corpo riuscisse a smaltire il 50% dei suoi principi attivi, e poi iniziare a provare ad avere un figlio. Sì. Tutto deciso a tavolino. Con una malattia cronica è così.

© Chiara DeMarchi 2017

Ed arriviamo ad oggi. Arriviamo a te.
Te che sei il nostro grande miracolo, una cosa che non si può spiegare. E tutto sta procedendo con una normalità impressionante. Tu sei l’unica cosa, nella nostra vita così incasinata e complicata, a crescere con naturalezza e semplicità. Sembra che da quando ci sei, tutto il resto si sia fermato, dalle sfortune della mamma ai pensieri del papà. E noi vorremmo fosse sempre così, ma anche se quando nascerai le nostre sfortune riprenderanno, l’importante è che tu continui ad essere indenne a tutto. Il nostro grande miracolo.
Un fagiolino bellissimo che dalla prima ecografia ci ha fatto emozionare e realizzare che c’eri davvero. Per poi diventare un terremoto che fa continuamente sussultare la pancia della mamma.

Delle mille paure di prima ora non ne ho nemmeno una, vada come vada. Sappi che ti amiamo già follemente e che noi siamo qui per te.

Elisa, malattia di Crohn, mamma resiliente di Noemi