Le gravidanze e la malattia: la rinascita di una donna resiliente – progetto Resilient Mothers

Nel 2009 mi fu diagnosticata la rettocolite ulcerosa, inizialmente scambiata per crisi emorroidaria. Cominciai dunque le prime terapie a base di cortisone per via orale e locale, a cui se ne aggiunsero presto molte altre. Gli anni a seguire sono stati scanditi da corse al pronto soccorso, ricoveri, dosi massicce di cortisone, osteopenia, diverse infezioni (tra cui quella da papilloma virus) e infine venni anche operata al seno sinistro per un fibroadenoma benigno. Caddi nella depressione più totale. La malattia peggiorò e i medici non sapevano se intervenire con colectomia totale o iniziare un immunosoppressore a causa dell’HPV. Alla fine cominciai con quest’ultimo in associazione a cortisone. Iniziai a stare meglio, nonostante l’infezione da papilloma virus fosse ancora presente.

© (foto scattata da Emanuela Vigna)

Decisi allora, senza consultare nessuno, di provare ad avere una gravidanza. Anche se durante l’ultima visita dalla ginecologa mi era stato riscontrato ovaio policistico e mi era stato detto che avrei avuto difficoltà a concepire. Così provammo, e arrivarono le due linee rosa. [su_pullquote align=”right”]Nessun corso preparto, nessuna informazione, ero sola[/su_pullquote] La gravidanza fu perfetta e la malattia, grazie anche all’assunzione dell’immunosoppressore (che sospesi due mesi prima del parto sotto consiglio del gastroenterologo), non si risvegliò durante i nove mesi.

© Chiara DeMarchi

Dopo il parto, a soli tre giorni di distanza, cominciai a stare male. Mi beccai una infezione ospedaliera e la RCU si riattivò. Iniziai a riprendere il farmaco e, avendo scarse informazioni riguardo la compatibilità farmaco-allattamento, smisi di allattare. In quel periodo soffrii di depressione post-partum, tuttavia il mio percorso tortuoso terminò positivamente. Contattai una consulente per l’allattamento e chiamai il centro antiveleni Mario Negri di Bergamo, che mi confermò la compatibilità allattamento-farmaco. Cominciai quindi a tirarmi il latte e ri-stimolare con la suzione la montata lattea per circa sei mesi, dopodiché tolsi definitivamente il latte artificiale per continuare con l’allattamento al seno fino ai trentuno mesi del mio bambino. Per me un’immensa vittoria in barba alla malattia.

© Chiara DeMarchi

Il 2016 per me è stato l’anno della consapevolezza, della piena accettazione della malattia e della rinascita. Ho tenuto le sessioni fotografiche terapeutiche per il mio progetto Invisible Body Disabilities, sviluppatosi poi in collaborazione con l’associazione AMICI Onlus di cui faccio fieramente parte come socia e volontaria. Durante lo svolgimento di questo progetto ho incontrato donne meravigliose, dalle quali ho avuto molto da imparare, facendo tesoro delle loro esperienze.

La malattia mi ha tolto tanto, ma mi ha dato ancora di più!

Mi ha resa una donna resiliente, ha tirato fuori quella grinta che non pensavo di avere che mi ha permesso di riorganizzare la vita partendo da zero, dopo esser caduta un milione di volte. [su_pullquote align=”left”]Il motore di tutto è stato il mio primo figlio e sono andata avanti realizzando i miei sogni[/su_pullquote] Ad agosto 2016, senza consultare nessuno nuovamente, decidemmo di volere un secondo bimbo, così nacque Efrem nove giorni prima del termine (il termine sarebbe stato proprio il 19 maggio, giornata mondiale delle MICI).

© Chiara DeMarchi

La gravidanza è stata un’esperienza bellissima. Ho intrapreso questo secondo percorso assieme a Federica, doula che mi ha sostenuta e incoraggiata nell’affrontare un parto più naturale possibile. Grazie a lei ho anche scoperto l’importanza del piano del parto da consegnare all’ospedale dove si intende partorire. Ho avuto fiducia nel mio corpo, ho rispettato i suoi tempi e ho iniziato da subito un bellissimo legame di latte. Ho avuto modo di rientrare serena a casa, ad appena due giorni dal parto. La RCU si è ripresentata dopo circa un mese e insieme al mio gastroenterologo (e ai preziosi consigli della Dott.ssa Bortoli che ringrazio) abbiamo preso la decisione di farmi riprendere l’immunosoppressore.

La consapevolezza, l’accettazione della malattia e la positività mi hanno salvata, ma soprattutto è stato importante avere accanto la presenza delle persone che fanno parte dell’Associazione AMICI e dei dottori che collaborano e cooperano per farti stare bene.

Ho continuato ad allattare Efrem fino a gennaio 2020 e nel corso di questi tre anni ho avuto dei momenti in cui la malattia si è ripresentata, ma ho tamponato con del cortisone. Ad aprile 2019 sono stata costretta ad un ricovero a causa di un’infezione da Citomegalovirus (CMV) e una riacutizzazione della malattia in modo severo. È stato un periodo molto difficile perché non potevo iniziare il cortisone prima che il farmaco per il CMV facesse effetto. La situazione poi si sistemò e uscii dall’ospedale, anche se sottopeso, con la malattia ancora molto attiva e con due mesi di terapia orale da continuare per il CMV.

© Chiara DeMarchi
© Chiara DeMarchi

Lo scorso dicembre, mentre iniziavo la terapia con un nuovo biologico, mi accorsi di essere di nuovo in attesa. Per noi è stata una sorpresa perché non lo stavamo cercando e forse non era il momento più adatto per quanto riguarda la mia salute, ma è stata comunque una gioia immensa. Ho continuato con la seconda infusione del biologico, e vedendo buoni risultati clinici, assieme al mio gastroenterologo ho deciso di interrompere la terapia, visto anche il periodo di difficoltà dovuto al Covid-19. La gravidanza é comunque andata bene, tranne per una recidiva al quinto mese che mi ha costretto a ritornare al cortisone fino ai giorni odierni. Anche questa volta il parto é stato emozionante, ho seguito il mio corpo e senza troppe ore di travaglio ho dato alla luce il piccolo Noel. Tuttora allatto il mio piccolo e nonostante la stanchezza, i miei tre bambini sono il mio sprono a migliorarmi, a perseguire i miei sogni e a continuare a creare arte e meraviglia.

© Chiara DeMarchi

Ciò che mi preme dire alle mamme o alle future mamme è che la maternità è un’emozione indescrivibile che ti cambia. Talvolta può essere faticosa e pesante per via dei dolori, corse continue al bagno e pannolini da cambiare, ma la forza arriva dallo sguardo dei figli, dal loro amore, dal legame inscindibile che porta una madre a rialzarsi, sempre! La maternità è un dono, uno spiraglio di luce tra i momenti bui, un desiderio tenuto nel cuore, e la malattia non ha il diritto e il potere di privarci del miracolo della vita!

Chiara, colite ulcerosa, mamma resiliente di Samuele, Efrem e Noel