Le parole hanno un peso, soprattutto quando la malattia é invisibile

L’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo.
-Nelson Mandela

È da qualche anno che mi batto per vedere riconosciuti i diritti delle donne affette da endometriosi, proprio perché ho vissuto in prima persona parecchie discriminazioni dovute al fatto che l’endometriosi è una malattia invisibile. Ho sofferto tantissimo, soprattutto per il mobbing, le derisioni, i dispetti e infine il licenziamento che ho subito in ambito lavorativo. La mia anima ne è uscita devastata e ho giurato a me stessa che avrei fatto di tutto per diffondere la conoscenza di questa patologia e per far sì che nessun’altra donna dovesse patire ciò che ho patito io.

Photo credits: Cristiana Folin Massarini

Per questo motivo, quando la settimana scorsa mi sono imbattuta in una infelice dichiarazione in radio (Radio Globo) di una “soubrette” (Carmen Di Pietro), non ho potuto far finta di niente. La soubrette diceva che “se hai le mestruazioni e non vai a lavorare non sei degna di essere donna”, convinta che non possano esistere patologie altamente invalidanti come l’endometriosi. [su_pullquote align=”left”]Ovviamente ho scritto in radio presentandomi come donna affetta da endometriosi[/su_pullquote]Ne sono seguite due telefonate in cui sono stata derisa, sbeffeggiata, minacciata di querela dal co-conduttore perché ho difeso, oltre le malate di endometriosi, anche tutti i disabili che i due hanno offeso in diretta dichiarando che praticamente non hanno diritto al lavoro nel pubblico perché loro “non li vogliono pagare se stanno a casa”. Oltre alla mia persona hanno preso in giro tutte le donne affette da endometriosi storpiando il nome della malattia e ridacchiando per tutto il tempo. [su_pullquote align=”right”]mi dicevano “se stai male vai dal dottore e prendi una pillola”[/su_pullquote]

Ho registrato le telefonate e le ho pubblicate su Facebook, Twitter e Instagram. Hanno fatto il giro del web. Ne hanno scritto giornali, blog, è stata fatta un’interrogazione parlamentare.

La soubrette, e voglio sottolineare SOLO LEI, ha abbozzato delle scuse. Non si è resa conto della gravità delle parole che hanno pronunciato lei e l’altro conduttore. Del male che hanno fatto a tre milioni di donne che hanno avuto la vita spezzata da questa malattia, hanno rinunciato a progetti, hanno cancellato sogni e speranze.

Le parole hanno un peso. Specialmente se le dici in diretta e sei ascoltato da migliaia di persone. 

Ho passato un paio di giorni pervasa da un’intensa amarezza perché posso comprendere che ci siano persone che non conoscono determinate patologie, ma essere presa in giro e derisa dopo che in diretta ho affermato di essere invalida all’80% a causa dell’endometriosi, mi ha fatto male. Mi è sembrato di essere tornata indietro nel tempo, quando il mio datore di lavoro mi apostrofò con la frase “tu prendi questa malattia un po’ troppo sul serio”.

Ho pensato molto alle parole che mi hanno urlato al telefono, e mi ritengo fortunata a non essere come loro, incapaci di comprendere il dolore di una donna malata e di provare empatia per il prossimo. Io non sono come loro. E dirò grazie fino alla fine dei miei giorni per questo.

E’ vero, ho gravi problemi di salute, vivo con un neuromodulatore sacrale impiantato nella schiena, eppure non cambierei un minuto della mia vita con la loro.

Proprio oggi ho letto un post sulla mia storia, che arrivava dall’estero: vengo definita ‘un’attivista dell’endometriosi’. Si, perché io sono questa: una attivista. Combatto per me, per tutte le donne invisibili come me, per quelle che non hanno il coraggio o la forza di esporsi.

Io ci sono per tutte.  

Lo ripeto sempre: l’endometriosi ha tirato fuori la parte migliore di me.

Voglio credere che un giorno non dovrò più sentire la frase “ma figurati se sta male quella! Non vedi che è vestita bene, curata.. e poi con quei capelli, mica può stare male!”.

Voglio crederci.

Vania, endometriosi IV stadio

Perché la società dovrebbe sentirsi responsabile soltanto dell’educazione dei bambini, e non dell’educazione degli adulti di ogni età?
-Erich Fromm