Reagire senza mai perdersi d’animo.

Tutto è iniziato con una semplice influenza, un virus intestinale che dopo 7 giorni non ne voleva sapere di passare, pertanto il medico ha deciso di ricoverarmi in ospedale. Fin da subito mi hanno fatto delle flebo per idratarmi, trasfusioni di sangue e cortisone. Il ricovero, causato dall’influenza intestinale, si conclude dopo ben 22 giorni di permanenza in ospedale, una colonscopia e la diagnosi di una malattia cronica autoimmune dal nome rettocolite ulcerosa. Il tutto condito da una cura a base di cortisone ed un immunosoppressore.

© Chiara DeMarchi 2016

1999

Dall’anno della diagnosi, ho dovuto fare altri ricoveri e finalmente la malattia è andata in remissione facendomi condurre una vita quasi del tutto normale, tanto da arrivare ad interrompere anche la terapia di mantenimento. Per i successivi 10 anni la malattia sembrava fosse andata in letargo.

2010

Succede quello che non vorresti accadesse mai: una brutta ricaduta e la malattia si manifesta più aggressiva rispetto al primo ricovero. Mi cambiano terapia e passo i successivi 4 anni tra alti e bassi, anemie e valori sballati, un ricovero all’anno per trasfusioni e controlli.

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© Chiara DeMarchi 2016

2014

I medici decidono di tentare la terapia con un farmaco denominato “biologico”, che purtroppo non dà i risultati sperati, ma che peggiora la situazione, di per sé già complicata. Dopo un ennesimo ricovero nel mese di giugno, vengo a scoprire che anche altri organi del mio corpo stavano avendo dei problemi. Una pancreatite, con valori alle stelle ed una risonanza che dà una sospetta colangite sclerosante. In quel momento sono, “uscito fuori di testa”, non per la diagnosi di per sé, ma per il fatto che chiedevo delle spiegazioni e le risposte che ricevevo erano incerte ed incomplete.

Senza capire davvero cosa mi era successo, mi dimettono dall’ospedale e decido di sentire un altro parere recandomi in uno dei centri più all’avanguardia del nord Italia in materia di MICI. Viste le mie condizioni, definite dai nuovi medici “disperate”, l’unica soluzione possibile era operare. Avevo perso 13 kg in circa 3 settimane e la malattia era in piena attività. Così decidono di somministrarmi la terapia d’emergenza standard con le flebo di cortisone e la nutrizione parentale.

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© Chiara DeMarchi 2016

Ad agosto mi hanno dimesso, sapendo che sarei stato ricontattato per procedere con l’intervento. Così, dopo pochi mesi mi reco di nuovo nel centro specializzato ed è successo un miracolo. Gli esiti dei miei esami sono positivi tanto da poter aspettare e rimandare l’intervento. Dopo 5 mesi faccio un secondo controllo e i medici rimangono spiazzati: la malattia da stato severo è mutato in lieve e l’intervento è, per il momento, scongiurato.

Oggi

Purtroppo in quest’anno e mezzo, a causa del mio stato di salute precario, ho dovuto chiudere l’attività che portavo avanti con passione (facevo l’autista, trasporto di persone), tuttavia non mi ha abbattuto. Ho la fortuna di avere accanto una famiglia meravigliosa: mia moglie Vanessa, che è come la mia ombra, sempre al mio fianco, e mia figlia Melissa, la mia linfa vitale. E’ per loro e solamente per loro che riesco a reagire a tutto quello che mi è successo e che mi succederà.

Penso che, per sopravvivere a questa malattia, sia necessario reagire senza mai perdersi d’animo anche e soprattutto nei momenti peggiori. 

Dall’ultima ricaduta che ho avuto ho coltivato due passioni: la lettura, mia amica da tempo, e l’altra, la chitarra. E’ da due anni a questa parte che ho deciso di approfondire, comprandomi per l’appunto questo meraviglioso strumento musicale. [su_pullquote align=”right”]Entrambi, soprattutto i libri, sono stati miei “compagni di viaggio” nei periodi di ricovero. Con loro riuscivo ad evadere da quella sorta di gabbia che noi conosciamo bene.[/su_pullquote] La musica è stata la “liberazione”. Durante le ore di lavoro, quando la malattia si faceva sentire, iniziavo a cantare, facendo vibrare le corde vocali a più non posso e quella parte di me, che mi teneva legato al malessere, riusciva ad andarsene via.

Ivan, colite ulcerosa

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© Chiara DeMarchi 2016