L’amicizia e le malattie invisibili.

Quando mi hanno presentato il nuovo “Amico o Compagno” della mia Carissima Amica, per me sembrava qualcosa di assurdo.
Ho sempre pensato che fosse qualcosa di passaggio.
Ma lui, il Crohn diventa parte di te.
Per tre anni non mi sono mai mossa dal suo fianco.
Ero sempre lì.
Gli ho stretto la mano.
L’abbracciavo.
Li riempivo le giornate di sorrisi.
Almeno ci provavo.
E se ogni giorno per lei era un motivo per non alzarsi dal letto, per me era un altro buon motivo di vivere la vita, anche vivendo la sua malattia.
Ma chi cazzo se ne frega, Lei doveva alzarsi dal letto.
Il letto.
Per per tre anni, spesso nella settimana, puntuale come un orologio svizzero, alle 9:30/45 arrivavo in camera sua.
Quella camera buia dove lei si metteva con tutta la testa sotto le coperte, come se avesse un rifiuto con la realtà.
Da una piccola fessura della finestra, usciva un filo di luce che illuminava con fatica un ciuffo dei suoi capelli.
Il mio buongiorno, era un sacchettino di carta dove conteneva il suo cornetto ai cereali con frutti di bosco caldo e lei che puntualmente si lamentava perché non voleva alzarsi.
Che caratteraccio.
Gli dicevo, non mi sono fatta 10 km per cercarti il  tuo cornetto preferito e altri 20 per portartelo caldo a casa… ti devi alzare.
Ed ecco lei che sbuffando, con il sorrisetto sul suo viso curioso, scendeva con i suoi piccoli piedini, dal letto.
Spesso non riusciva a mettersi le pantofole che sua mamma gli aveva comprato ma che lei odiava, diceva che erano orrende.
In effetti quel blu era veramente strano.
Ma ogni mattina lei le metteva comunque, e se non riusciva perché era troppo debole, io mi inginocchiavo per infilarli i piedini freddi che aveva.

Non mi interessava se dovevo farlo ogni giorno della sua vita, ma lei ogni giorno doveva alzarsi da quel benedetto letto.

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Il cibo. Un’altra battaglia, una volta scesa in cucina, era il cornetto che in effetti era buono da morire, ma poi lei non riusciva ha digerirlo e cominciavano i forti dolori.
Le abbiamo provate tutte, pur di riuscire a mangiare in santa pace. Niente. Ma lei era troppo mangiona, quindi non lo lasciava. Mi faceva tanta tenerezza.
Abbiamo capito che finché non lo digeriva dovevamo rimanere almeno un ora sul divano, lei piegata dai dolori ed io lì come un idiota che non sapeva come aiutarla davanti a tutto ciò.
Non mi interessava cosa dovevamo fare nella giornata, ma io ogni giorno, mi inventavo di tutto pur di dire, dobbiamo uscire.
Abbiamo da fare. Prendi la tua macchina fotografica.
E ogni giorno eravamo quasi sempre in giro.

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Ma lo sapevo che questa cosa non poteva risolverli quello che aveva, ma almeno si sentiva più leggera se dividevamo questo dolore.

Dio, se ci penso quante volte mi sono sentita impotente davanti a tutto quello che viveva.
Eravamo abituate a dividerci veramente tanto, ricordo che spesso non riuscivo a finire i miei pranzi, ma c’era lei che lo faceva per me, come quando non riuscivo a finire le patatine del Mac Donald’s.Non sia mai che mi vedeva lasciare quelle maledette patatine nel sacchetto. Stava per ore a rinfacciarmi quello che lasciavo.
Gli piace mangiare da morire. In effetti ad un certo punto pensavo di regalarli dei fiori,una t-shirt invece di una cena. Non si ferma a mangiare.
Però in compenso lei non mangiava tanti dolci, lei era più per il salato.
I dolci li divoravo io.

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Il suo corpo.
Aspettavamo.
Si aspettava che qualcosa succedesse, perché anche se non ne parlavamo o meglio lei non ne parlava, sapeva che qualcosa stava per succedere al suo piccolo corpicino.
Quando era possibile facevamo piccoli viaggetti, io lei e il mostricciattolo. Lo chiamavamo così.
Il mostricciattolo ormai era diventato come un figlio suo, era sempre con noi.
Si, sto parlando del Crohn.
Gli piaceva viaggiare, si sentiva anche meglio quando facevamo delle piccole trasferte.
Ma soprattutto il mostricciattolo gli dava anche un po’ più di tregua (illusiva) quando eravamo fuori di casa.
Lei ama la fotografia ed è un ottima fotografa.
Fa degli scatti favolosi, a volte incomprensibili per alcuni occhi, ma pieni di lei.
Quando scatta vuol dire che è in cerca di rinascita, in cerca di scoprire qualcosa di lei che ancora non conosce.

Di sperimentazione. Di oltrepassare qualcosa che sa di avere.
E’ un’altra persona insomma. Un Artista.
Quando non la vedevo con la sua macchina fotografica mi preoccupavo.

Decisi di vincere a tutti i costi, un viaggio per due persone in una capitale in Europa. (dovevo vincere,soprattutto per lei)
Non accettava mai regali miei, però ho pensato che se avessi vinto un viaggio gli regalavo solo l’invito, quindi non poteva arrabbiarsi.
Lei era a casa con i suoi dolori e con quei decimi di febbre.
Nel frattempo, quella sera ho vinto quel viaggio in una festa in maschera.
La maschera più originale vinceva. Non voglio pensare a cosa mi ero travestita. Ma è bastato per vincere.
Lei doveva partecipare con me ma il suo caro mostricciattolo aveva deciso in quei giorni di farli venire la febbre.
Vinco da sola e ce ne andiamo in Spagna, lei, il Crohn e le sue fitte come lame di coltelli nel ventre.
Mi ricordo che Ogni mezz’ora mi avvicinavo in posti dove lei poteva fermarsi senza dare nell’occhio.
Perché chi sta intorno a lei,a loro guarda.
Non capisco cosa guardano, perché non c’è nulla da guardare. In effetti non si vede nulla.
Mi sono sempre chiesta: Ma perché guardano? Hanno qualcosa di diverso loro, Lei.
Quanti sguardi minacciosi ho tirato alla gente intorno a noi, intorno a lei.
E a quanti ho risposto malissimo.
Un pomeriggio, eravamo al bar con amici a fare l’aperitivo, lei purtroppo continuava ad andare in bagno quando ad un certo punto la cameriera con la sua faccia tosta, in mezzo al tavolo fa notare la frequenza di lei che andava in bagno con un certo sorrisetto sul viso. Mamma mia, e chi si dimentica la faccia di lei, i suoi occhi pieni di rabbia.
Subito dopo è voluta andare via.
Io ci sono ritornata al bar la mattina dopo, riprendendo la cameriera  con toni alti, insomma l’ho mandata a quel paese.
Non me ne fregava nulla.
Comunque tornando al nostro viaggetto in Spagna, nonostante ciò, abbiamo passato 4 giorni a Barcellona piegate (non per i dolori del mostricciatelo) per le risate.
In pieno Agosto lei mi dormiva con il piumone.

Mi chiedevo se era il morbo di Crohn che aveva questi attacchi di stranezze, o se era lei, di natura sua.
Credo entrambi.
Rimaneva comunque una meravigliosa Donna. Anzi rimane tutt’oggi.
Lei mi compra uno strano fischettino sulla Rambla, che fa il verso della voce da Paperino.
L’ho martellata per 7 giorni con quel coso.
L’ho ingoiato. Per amor suo.

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Torniamo a casa, si avvicinava quel periodo che ci ha fatte trasformare in quelle che siamo oggi.
Non so cosa hanno visto i miei occhi, non riesco a definire in una parola tutto quello che hanno toccato le mie mani, che ha assorbito la mia pelle e il mio cuore, perché chi ha il Crohn o la Rcu attivo non vive bene. Vive in una realtà sfasata, marcia quasi non-reale.
Poi soprattutto lei che ancora non glielo avevano diagnosticato, né curato.

A 30 anni ha dovuto togliere tutto il colon, io non sapevo neanche cosa fosse questo organo, ma guardandola in quel letto di ospedale, con i suoi miseri 38 kg e le ossa che si notavano ad occhio nudo sulla sua pelle ti davano quella sensazione di essere impotente davanti alla vita e non facevi altro che piangere sotto ad un paio di occhiali da sole del cavolo.
Mi chiedevo a cosa ancora dovevamo andare incontro.
Ma soprattutto, a cosa era disposta ancora lei.
Io da super Eroina, dopo ore e ore di riflessioni di fronte allo specchio e botte di coraggio, sono andata dal chirurgo e mi sono offerta per donarli mezzo colon. (tanto che mi serviva tutto quel colon a me).
Naturalmente il medico mi ha riso in faccia, e mi ha detto che quello è un organo che purtroppo non si può trapiantare.
Mi sono sentita una grande idiota. Anche adesso.

Ho capito che il nostro cammino stesse cambiando. Non sapevo a cosa andavo incontro dopo la sua operazione, e non intendo tanto quanto il fatto che non si sarebbe accettata con la stomia, ma quanto il fatto che mentalmente si sarebbe indebolita. E’ normale, siamo umani.

Cosa succede ad un corpo malato se la mente si indebolisce? Semplice, prende possesso quello che hai dentro.

Quindi non doveva succedere assolutamente, perchè lei era ‘Pezzu de core meu’.
Perché lei non mi ha scelta come Amica per stare al suo fianco in quei momenti.
Anche perché aveva spesso l’abitudine di sbattere fuori dalla sua vita, per dei piccoli periodi, le persone che gli stavano sempre attaccate a lei.
Quindi sono stata io a decidere di esserci, comunque SEMPRE. Con il rischio di risultare invadente e pesante e di perdere la sua Amicizia.
Io nel frattempo, avevo perso mia madre a 62 anni.
Mamma mentre chiudeva gli occhi facendo l’ultimo sospiro era nelle mie mani.
E durato quel momento 30 secondi, ma credo che quei secondi mi hanno fatto capire di quanto sia importante la vita e bastarda contemporaneamente e di quanto lo sia soprattutto per un malato.
Quindi, forse e per quello che mi ritrovo a scrivere un mio pensiero su quello che ho vissuto insieme alla mia amica e il suo Crohn.
Ammetto che spesso mi indebolivo mentalmente quando la seguivo in vari ospedali, per varie cure e operazioni.
Spesso uscivo dalla stanza per andarmene sul balcone dell’ospedale.
Una visuale bellissima, ero sul trastevere.
Non ricordo nulla di quello che guardavo da lassù.
Mi ricordo solo il giorno della sua operazione, alle 7 del mattino che i medici ci dicevano, andate a riposarvi, vi chiameremo. Come ad ogni operazione.
Io ero sempre lì, sulla porta della sala operatoria. Ogni volta. In ogni ospedale.
Dopo 2 ore, 4 ore, 6 ore, io da lì non mi muovevo. Mai.
Quando la vedevo uscire su quel lettino, mi allontanavo da lei.
Sospiravo.
Era uscita.
Stava bene.
Potevo andare in bagno a fare la pipì, dopo 9 ore che aspettavo su quella porta la vescica mi chiedeva PIETA’.

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Ogni volta, per tre anni, ero sempre lì.
Quando aveva le scariche, le fitte come lame di coltelli nell’addome, quando è arrivata la stomia, quando hanno dovuto operarla più volte, quando non riusciva ad alzarsi dal letto, hai suoi colpi di testa che non c’è la faceva più, al biologico come acqua, alle trasfusioni, alla perdita di peso, ai medicinali, agli integratori, agli attacchi di pianto a quei assordanti silenzi che soffocavano il mio cuore, alle risate isteriche, alle corse in bagno, ai viaggi in ospedale, alle analisi, alla febbre a 40, al cibo rifiutato, alle reazioni della malattia, al mare con la stomia, alla cicatrice, al cambiamento del suo corpo, agli occhi pieni di rabbia, pieni di sofferenza, ai mille referti ospedalieri, alle sacche, a quella maledetta placca che gli faceva allergia il primo periodo…lo sanno bene loro cosa c’è dietro.

[su_pullquote align=”right”]Li chiamano ‘I Guerrieri’.[/su_pullquote]

In ogni secondo della sua vita, in punta di piedi io rimanevo.
Credo che anche lei è una guerriera come quelli che vedo tra loro, nonostante tutto questo non ho mai sentito un lamento da parte sua, in mezzo a tutto questo anzi ci guardavamo negli occhi e lei mi sorrideva.
Lei mi sorrideva, lei che aveva invece bisogno che lo facessi io.
Dopo mia madre credo che ci sia stata lei che mi ha insegnato veramente il valore della vita, ma soprattutto come si combatte.
Aveva una grande sofferenza dentro, ma io la sentivo tutta sulla pelle.
Adesso le nostre strade si son divise casualmente per vari motivi. Succede nella vita.
Ma credo che i nostri cuori, sono ancora legati. Il mio sicuramente.
Non ho smesso di “esserci” nella sua vita quando si ripresenta la malattia.
Come il suo morbo di Crohn, in fase dormiente c’ero ma non mi sentiva, in fase attiva, mi sentiva e vedeva.
Perché per stare vicino a chi vive dei disagi, bisogna farlo in silenzio e quasi in ombra.

Era così difficile per me all’inizio, ma poi ho imparato a conoscerla, ho imparato a conoscere anche la malattia. Ci vuole solo pazienza.

La gente che non vive questi disagi, non può capire cosa c’è dietro. Leggo spesso nei forum, siti, gruppi di queste persone vissute tanto la malattia.
Io ho sempre pregato, ad un Dio, che ad un certo punto queste sofferenze invisibile dovevano finire.
Ho sempre pregato, ogni volta che quella volta fosse l’ultima.
Prego un Dio, che se esiste, deve dare la Vita che ognuno desidera.
E nessuno, ha mai desiderato le sofferenze del corpo, del cuore, degli occhi.
E quello che mi è rimasto oggi ha fare, credo.
Pregare con il cuore.

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A volte vorrei dire a loro, i Guerrieri, che io l’ho vissuta vicino a questa Donna e posso dirvi, Avete ragione!
Ma che cosa ne sappiamo noi di quello che vivono loro.
Ho letto che le chiamano ‘Le malattie Invisibili’.
Credo di aver capito il perché.

It is true, invisible to the eye but not to the heart, to mine.
Forza e coraggio Guerrieri, noi da voi possiamo solo imparare come si combatte nella vita.

E scusate se è poco.

Alessandra, dedicato ad un’amica.