Ho deciso di combattere.

Chiudo gli occhi e provo a pensare a ciò che è stato. Provo a scrivere, rendendomi conto che molti sono ricordi da dimenticare, altri invece da tenere bene a mente, qualora dimenticassi ciò che ho fatto di buono in questi 6 anni di malattia. Ebbi la notizia nel Giugno 2010, ricordo ancora quel giorno. Ricordo ancora meglio che non mi ero resa ancora conto a cosa stavo andando davvero incontro. Il mio gastroenterologo, il mio angelo custode (mi piace definirlo così) mi disse:

Dall’esame endoscopico risulta una malattia infiammatoria cronica intestinale, si chiama rettocolite ulcerosa.

Presi il mio referto e tornai a casa, senza sapere che, quel referto, sarebbe stato il primo di una lunga serie. Due giorni dopo la visita, la mia situazione crollò drasticamente. Persi 8 kg in 10 giorni. La bilancia segnava 49.3. Non pesavo così dai tempi delle medie. Notti in bianco, una spola continua dal letto al bagno.

[su_pullquote align=”right”]Dolori e sangue erano una costante.[/su_pullquote]La prima terapia di cortisone e il ricovero dopo un mese, la mia situazione non riusciva a stabilizzarsi.

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© Chiara DeMarchi 2016

I primi tre anni di malattia furono uno strazio, persi completamente il controllo. Ringrazio ancora oggi la mia famiglia per avermi aiutata, anche quando non ero più autosufficiente. Fu difficile accettare di non aver più il controllo della mia vita: dovetti sospendere l’università, il lavoretto del weekend, lo sport e mi allontanai dalle amicizie, in quanto mi era impossibile gestire qualsiasi impegno, non riuscivo nemmeno a uscire di casa. Avevo anche un ragazzo all’epoca. Avevo. Mi lascio’ dopo un anno di malattia, non riusciva più a starmi vicino, diceva che i suoi sentimenti erano cambiati, non ero più l’Elisa che aveva conosciuto. Mi dispiace per lui, non ebbe più modo di conoscere la nuova Elisa. L’Elisa di oggi.

Sono sempre stata una ragazza solare, combattiva e ambiziosa; avevo grandi progetti per il mio futuro: andarono tutti distrutti, insieme alla mia autostima.[su_pullquote align=”left”]Iniziai a soffrire di depressione, e la malattia continuava a fare il suo corso.[/su_pullquote]Da qui, ho un buco nero. Non ho pressoché nessun ricordo dei miei 22 anni.

Ricordo solo la mia stanza, la TV e il mio letto. E il bagno ovviamente. I miei genitori mi comprarono un cane, che mi facesse compagnia. Il mio tenero cucciolo di maltese, oggi ha 6 anni. Si, gli anni di guerra che mi porto sulle spalle. Che Dio lo benedica, è la mia salvezza. (Ora è qui sulle mie gambe che dorme). Mi sono affidata a psicoterapeuti e psichiatri, per cercare di alleviare il dolore che portavo dentro, per farmi aiutare.

Mi sentivo sconfitta, ho seriamente pensato più di una volta che la mia vita era finita. Non riuscivo a vedere la fine del tunnel. Eppure ero così giovane, come potevo vedermi già così?!

Come cartucce di una pistola che non andava mai a segno, ho provato tutte le terapie in commercio. Inutile rammentare la lista degli effetti collaterali, avrei preferito un giro di montagne russe, piuttosto. Anzi due. Penso di averlo toccato, il fondo. Mi sono spinta oltre limiti che non pensavo potessero essere percepiti dall’animo, ho visto il buio. L’ho vissuto, l’ho sentito intorno a me e la mia mente lo ha elaborato in una dimensione a se’, dove potevo rimanere tutto il tempo che volevo, senza influenze esterne.

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© Chiara DeMarchi 2016

La buona notizia in tutto ciò, fu che finalmente presi atto che peggio di così non poteva andare. Mi sentii in un certo senso sollevata. Presi finalmente consapevolezza di dove sarei potuta cadere, ma se solo fosse successo ancora, non mi sarei fatta male, io lo conoscevo quel posto ormai. Potevo dunque solo scegliere: continuare a vivere nel buio, oppure guardare avanti. Ovviamente decisi di reagire. Da lì ricominciai piano piano a rialzarmi dal letto, ogni giorno un po’ di più, prima dieci minuti, poi venti, un’ora e così via.

[su_pullquote align=”right”]Ogni giorno mettevo in tasca un piccolo traguardo.[/su_pullquote]Dopo un anno e mezzo mi Laureai in Scienze del Turismo, fu una grande vittoria per me, una soddisfazione immensa. Trovai anche lavoro quattro mesi prima di laurearmi, tutt’oggi lavoro in una banca del centro a Milano. Sono stati mesi intensi tra scuola e lavoro, studiavo la notte per cercare di finire il prima possibile.

In tutto questo ho dovuto gestire anche la malattia che mi ha sempre fatto compagnia, ma posso dire di aver avuto una grande dimostrazione da me stessa.

Ce la potevo fare, anche io!

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© Chiara DeMarchi 2016

Lo scoglio più grande da superare, quello per cui lavoro su me stessa ancora oggi, è il rapporto con gli altri. Non c’è niente di più difficile per una persona affetta da questa patologia, di dover gestire le dinamiche col mondo esterno. Anche uscire per prendere un caffè a volte può essere un problema. Mettiamoci poi l’imprevisto, il dover rinunciare a un incontro con un’amica all’ultimo momento perché non stai bene, a un appuntamento al quale tenevi, a una giornata di lavoro perché il tuo corpo non ti sostiene.

[su_pullquote align=”left”]Chi ci è vicino o semplicemente intorno, non ha minima idea di cosa voglia dire vivere con addosso il peso dell’incertezza[/su_pullquote]La tua mente combatte una battaglia in quel momento, qualcosa che non si può spiegare. Dover ammettere che a volte ha vinto e vince ancora oggi la bestia che ti porti dentro ti devasta, tutte le volte, come fosse la prima. Tutte le volte desidero intensamente arrivare a fine giornata e poter dire: ho fatto tutto quello che dovevo, ora posso dormire tranquilla.

Spesso ciò non accade, i malesseri non dormono mai.

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© Chiara DeMarchi 2016

Da quando mi sono ammalata, non sono mai entrata in remissione. È una lotta continua, vince chi è più forte e ogni giorno tutto si ripete, da zero. Il nuovo giorno non è mai uguale al precedente e non sarà lo stesso in futuro, in bene o in male. È qualcosa a cui farò sempre fatica ad abituarmi ad accettare, ma ciò non significa che mi fermerò. Non ho mai accettato le sconfitte, anche se le colleziono regolarmente. Ma questo non significa che io abbia perso. Anzi. Penso ci sia più forza in un’anima che combatte.

[su_pullquote align=”right”]Chi lotta per vincere contro la propria bestia, sviluppa una sensibilità sconosciuta a chi non ha mai sofferto con grande intensità.[/su_pullquote]

Quelle come me, non sono persone facili, ma se le guardi attentamente capisci che hanno moltissimo da offrire, e forse, anche qualcosa da insegnare. Io ho deciso di combattere, di vivere la mia vita a pieno.

La vita è un dono bellissimo, il valore lo si pesa solo nel momento in cui ti viene tolto tutto. Ho una missione nella mia vita, e per quanto possa essere pesante a volte da gestire, farò tutto il possibile per renderla uno splendore, attraverso il mio sorriso. Ogni giorno.

Elisa, colite ulcerosa

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© Chiara DeMarchi 2016